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sabato 17 febbraio 2024

Dare la vita, il reading dedicato a Michela Murgia |LoSguardoDiGiulia

Purple Square, un reading dedicato a Michela Murgia 

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Il primo incontro, organizzato dal movimento Purple Square Lodi e Cremona, a cui ho presenziato e che mi ha fatto provare una moltitudine di sentimenti.
Il fotoreportage.



Assistere 

alla lettura di alcuni brani dagli scritti di Michela Murgia, tra i quali il libro postumo e di recente uscita "Dare la vita", "Tre ciotole", "Accabadora". 




Ascoltare

la voce di Michela Murgia,
 le parole potenti di una scrittrice che si è battuta per le sue idee e lo ha fatto attraverso la parola e la scrittura, che in questa serata a lei dedicata risuonano nell'antica sala affrescata, all’interno del Centro Culturale Sant’Agostino di Crema, sede di un antico convento. 


Apprezzare

la presenza e i discorsi appassionati, densi di significato della saggista, 
filosofa, scrittrice Maura Gangitano di Tlon, donna colta dall'eloquio fluente e cristallino 


intervistata in modo brillante dalla giornalista Raffaella Ciceri, in una serata organizzata in un luogo spettacolare nel centro storico di Crema, il museo civico nella sala Pietro Da Cemmo. 


Riflettere

sulle moltitudini del nostro quotidiano e di come la collettività in cui viviamo, che si professa moderna, fatichi ad accettare la normalità delle differenze e i cambiamenti fisiologici della società. 
Sulla maternità, figli e figlie e famiglie d'anima, queerness e gestazione per altrə.


"Si può essere madri di figlie e figli che si scelgono, e che a loro volta ci hanno scelte? Si può costruire una famiglia senza vincoli di sangue?”
(Dare la vita, Michela Murgia)


Sorridere

al pensiero che gli uomini presenti a questa iniziativa siano stati invitati dalle proprie compagne, dicendo loro che ci sarebbe stato per tutt
É™ qualcosa di interessante da imparare


Osservare

come fotografa esterna all'organizzazione, l'impegno, l'orgoglio, l'ansia, la felicità, i tanti sorrisi di un gruppo affiatato di persone che, impegnate da mesi nel raggiungimento di un obiettivo comune, sono riuscitə a organizzare una serata culturale coinvolgente e che ha fatto il tutto esaurito



Gioire

del tempo che è volato in quelle due ore, non solo per me ma per tutte le persone presenti che hanno riempito la sala oltre la capienza per tutto il tempo e senza andarsene in anticipo.
Sono davvero felice per il vostro successo Purple Squares! Ve ne auguro molti altri!






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domenica 11 febbraio 2024

Emanuele Fiano. Sempre con me | LoSguardoDiGiulia

Emanuele Fiano. Sempre con me | LoSguardoDiGiulia

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Ho assistito alla presentazione del libro di Emanuele Fiano "Sempre con me, lezioni della Shoah" il 4 febbraio 2024 e mi sono concessa il tempo di riflettere su questa esperienza costruttiva e di leggerne il testo, 
che racconta i sentimenti intimi di un figlio che sente e riflette analizzando, esprimendo in una sorta di seduta psicoanalitica il proprio amore verso un genitore che non c'è più e ricordando empaticamente le persone che come il padre hanno vissuto il trauma della deportazione. E che nel contempo vorrebbe riuscire ad entrare nella mente dell'invasato, artefice criminale dell'Olocausto, ma che non considera mai soltanto semplicemente un "mostro". 

16 maggio 1944

Emanuele Fiano ha raccontato la storia della sua famiglia sterminata in un campo di concentramento da cui si è salvato soltanto il padre, Nedo Fiano, che il 16 maggio 1944 fu catturato per primo, e di seguito deportato insieme a tutti i suoi familiari, presso il campo di sterminio di Auschwitz. 
L'incontro nell'Aula Magna del Verri è stato interessante e costruttivo. Fiano possiede una dialettica fluida, colta e raffinata e nei suoi discorsi approfonditi sulla Shoah e sulla politica internazionale dimostra di essere assolutamente preparato. 

Nedo Fiano, l'esperienza nel campo di sterminio

Emanuele ha raccontato di quando la sua famiglia, nel 1944, durante il rastrellamento a Firenze da parte dei nazisti, cercò un posto dove nascondersi, e dopo aver bussato tantissime porte finalmente lo trovò da un sarto che conoscevano che diede loro rifugio nel solaio, ma la salvezza durò solo qualche mese prima che arrestassero Nedo (mentre era per strada) e lo trasferissero prima a nel carcere delle Murate di Firenze, poi Fossoli, poi a Birkenau, nel complesso di Auschwitz dove la famiglia venne sterminata.


La disumanizzazione

Particolarmente interessante la riflessione sul meccanismo 
contorto della disumanizzazione delle vittime, il quale sembra sia stato inventato proprio dai nazisti, che riusciva a deresponsabilizzare gli artefici materiali delle uccisioni e anche chi ha contribuito esternamente al massacro, destinando a ogni persona un unico compito che faceva parte del processo di sterminio.
La disumanizzazione degli internati tra gli internati. Tutti gli internati erano talmente affamati, al punto di non provare più nessun senso di solidarietà tra di loro, ogni mezzo era lecito per riuscire a mettere qualcosa nello stomaco, i nazisti erano riusciti a fare in modo che non restasse loro neanche una minima traccia di umanità. Capitava che gli internati lottassero per un pasto, o per avere la possibilità di raccogliere un po' di ghiaccio colato da una finestra per potersi dissetare perché non c'era neanche l'acqua da bere. La disumanizzazione dei nazisti che riuscivano a separare il loro "lavoro" di sterminatori dalla vita familiare come se vivessero un'esistenza in comparti stagni, tornando a casa la sera e facendo una vita del tutto normale anche se vivevano a poca distanza dai campi di sterminio.

L'attualità

Fiano ha risposto ad una domanda dal pubblico sulla guerra in Medio Oriente che infuria in questi mesi, ha riepilogato dettagliatamente la storia del lungo conflitto che perdura già da molti anni in quei Paesi, che ha definito essere lo scontro di due diritti, sostenendo che l'unica soluzione potrà venire solo dalla costituzione di uno spazio per "due popoli, composta da due stati separati".

Conclusioni

Di quel passato orribile nei campi di sterminio, le persone che ne sono uscite vive per anni non ne hanno voluto parlare, e adesso qualcuno dice che se ne parla anche troppo. Non se ne parla mai troppo, ed è purtroppo già evidente.

Libri di questo genere, come quello di Emanuele Fiano, sono necessari per mantenere forte il ricordo di questi orrori, perpetuati da persone, che magari pochi anni prima erano persone comuni, ma che sono entrate a far parte volontariamente del meccanismo nazista che dava per lecita ogni tipo di crudeltà oltre che le umiliazioni, le fucilazioni sommarie, i soprusi verso i bambini, lo sterminio di civili indifesi e quant'altro. 

 "Una come me ritiene che tra qualche anno ci sarà una riga tra i libri di storia e poi più neanche quella. Le iniziative che possono venire da una vecchia come me a volte sono noiose per gli altri, questo lo capisco perfettamente, so cosa dice la gente del Giorno della Memoria. La gente già da anni dice, ‘basta con questi ebrei, che cosa noiosa'. Il pericolo dell'oblio c'è sempre". Liliana Segre.


Evasione 60

Trovo davvero preoccupante che in alcuni Paesi si inizi a cercare di far vedere questa parte tragica della storia come se fosse una favoletta.
Di questi ultimi giorni è la manifestazione "in maschera" a Budapest di gruppi di neonazisti arrivati da tutta Europa, che hanno marciato indisturbati con croci uncinate.
"Dovunque scudetti con il tricolore ungherese e poi teschi, croci di stoffa e di ferro, granate persino. Tutto rigorosamente d’epoca. Di quell’epoca in cui a Budapest si fucilavano ebrei e rom sul Danubio a decine. Sono i partecipanti alla marcia «Evasione 60» che commemora la sortita delle SS tedesche e delle Croci frecciate ungheresi nel 1945 dall’assedio della capitale ungherese da parte dell’Armata rossa diretta al cuore del potere nazista, a Berlino"  Da Il Manifesto

Sempre con me. Le lezioni della Shoah

"Possono le testimonianze dei sopravvissuti, le efferatezze dei carnefici e tutti gli orrori della Shoah trasformarsi in indelebili lezioni per le generazioni di oggi e di domani?
Emanuele Fiano tiene insieme i ricordi delle persone a lui più care, da suo padre Nedo fino a Liliana Segre, da Primo Levi a Sami Modiano, tra gli altri e, insieme a loro, i gesti e le confessioni degli assassini e, riannodando i fili della memoria, ci consegna una potente riflessione su ciò che è accaduto, sull'eredità della più grande tragedia del Novecento e soprattutto sul senso che essa ha per noi che viviamo tempi diversi e lontani.
Perché, come dice lui stesso: «Me le sento tutte dentro di me le loro voci e i loro pensieri. E saranno sempre con me, come una colonna sonora della mia vita. Mi interrogo ogni giorno: qual è in fondo la loro lezione? Qual è la lezione contemporanea del male che hanno subito? Loro e quelli che non hanno potuto raccontare. E qual è la lezione che viene da coloro che li torturarono, da loro e da coloro che volsero il viso dall'altra parte, e da coloro che li separarono dalle madri e dai padri, e da coloro che li osservarono nudi, terrorizzati, esausti, soli, come insetti da schiacciare, e che li schiacciarono, come rane d'inverno. Ci sarà una lezione che la storia ci ha consegnato? Ci sarà di sicuro, è il sale della nostra vita, se vogliamo vivere con gli occhi aperti e sempre in ascolto"


"Sarete sempre con me, voi che non ci siete più, voi che eravate schiavi e voi che eravate i loro assassini, per comprendere fino in fondo la lezione perenne della Shoah. Questo sarà il viaggio."


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Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo LeviLa tregua, 1965.

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sabato 27 gennaio 2024

Lucrezia Lante della Rovere: tra Palcoscenico e Verità | LoSguardoDiGiulia

Lucrezia Lante della Rovere: tra Palcoscenico e Verità

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Lucrezia Lante della Rovere, famosa attrice di talento, in un evento organizzato da Soroptimist Lodi del 27 gennaio 2024, ha raccontato la sua storia, quella della sua famiglia, e quella della predominante figura eccentrica della madre, Marina Ripa Di Meana, scritta nel libro "Apnea".


La resilienza


Una riflessione, quella di Lucrezia, sulla resilienza e sull'importanza di emergere da momenti di apnea  (questa la descrizione che ha dato della mancanza di respiro che provava e causata dall'ansia), del tentativo di rimanere visibile nonostante le sfide, e soprattutto di imparare a perdonare chi l'ha messa all'angolo, anche se in questo caso si tratta della propria madre. 


Un racconto inedito


Ciò che rende Lucrezia affascinante è, oltre la bellezza e il talento artistico, la simpatia, e soprattutto l'autoironia. 


Divertente il racconto (che non si trova nel libro) dei gusti oltremodo diversi di Lucrezia e Marina, del viaggio che avrebbe voluto fare con sua madre in Islanda e di quando sua madre le ha rivelato all'ultimo di averne venduto i diritti alla rivista Panorama. 

Tempi comici perfetti!









Il rapporto con il lavoro, come rifugio, giustificazione. 

(Michela Sfondrini)

Lucrezia ha raccontato delle sollecitazioni che le rivolgeva la madre per spronarla a trovare un lavoro, uno qualsiasi, purché facesse qualcosa, "mettiti un carciofo in testa ma fai qualcosa!"

Lucrezia, da adolescente, sentiva la necessità di andarsene da casa, trovare qualcosa da fare che fosse tutto suo, per essere indipendente, per poter fare ciò che voleva. Avrebbe voluto aiutare il padre, che ha descritto come un uomo fragile, alto, autorevole, chiuso, severo, e che aveva non pochi problemi con l'alcol.

Una brava attrice

Lucrezia ha dimostrato la sua bravura attoriale leggendo alcuni brani del suo libro, oltre che nel racconto della sua esperienza con il regista Mario Monicelli, di come l'avesse spronata nella professione di attrice (ha raccontato l'episodio del pranzo in cui Monicelli le faceva leggere con chiara e alta voce l'elenco del menu dall'altro capo del tavolo, facendo in modo che lei potesse capire come essere attrice e dandole sicurezza) durante le riprese del film "Speriamo che sia femmina".


Il pregiudizio

Il racconto di Lucrezia Lante della Rovere mi ha colpita per la sua autenticità, e mi ha regalato una prospettiva reale e coinvolgente di una persona che può essere facilmente vittima di pregiudizio, per le origini nobili, per l'apparente agio dell'ambiente in cui è vissuta, ma che ha avuto il coraggio di esporsi nella sua fragilità di bambina e adolescente, in cui forse qualcuna di noi può rispecchiarsi con il giusto grado di empatia, sentimento umano che mi capita di trovare sempre più raramente. 



Riaffiorano ricordi

A tratti, le parole di Lucrezia, mi hanno ricordato una lettura di tanti anni fa, ambientata nella Torino dei primi anni del 1900: nel libro "Vestivamo alla marinara", autobiografia di Susanna Agnelli, è narrata la storia di lei bambina e adolescente, della sua nota famiglia, e del mondo non poi così dorato in cui ha vissuto

Penso che lo rileggerò presto.

Una biografia

«La foto del matrimonio dei miei genitori è un colpo al cuore. Tutto ha avuto inizio quel giorno. 10 giugno 1964. Dovrei cominciare proprio da lì se avessi il coraggio di scrivere di me.» Per chi non la conosce personalmente, Lucrezia è un'attrice, una donna bellissima, la figlia della scandalosa Marina Ripa di Meana e del blasonato Alessandro Lante della Rovere. Nata nell'agio e sotto una buona stella. Una donna cui sembra che la vita abbia regalato tutto. Invece se si entra nelle pieghe della sua storia, si scopre un'infanzia difficile dominata da una madre "a piede libero" e un padre ingoiato dai suoi demoni: Lucrezia cresce spostata come una pedina da una casa all'altra e inizia a fare la modella, quasi per gioco. Le apre le porte del cinema il grande Mario Monicelli a soli 19 anni e poi prende vita una carriera dettata dall'istinto e dal coraggio. Una giostra professionale che scivola dal cinema, al teatro, alla televisione. Le nascono due gemelle quando ha appena vent'anni, mentre una madre iperbolica e irrinunciabile segue i suoi passi e la sua vita sentimentale è costellata da grandi amori, passioni, abbandoni e ripartite. 

Lucrezia ascolta sempre e solo il suo cuore, anche quando incontra Arturo, un bracco italiano che diventa il suo centro. Questo libro è un viaggio emozionante, pieno di ironia, segnato dai colpi di scena che offre il destino. Una storia intima e commovente che si legge tutta d'un fiato, perché la voce di Lucrezia Lante della Rovere è sincera, luminosa e piena di grazia. Desideri, sogni, interrogativi si susseguono fino alla fine. La grande avventura di una donna che ha vissuto in apnea, inseguendo il respiro, in cerca di quel senso che ci accomuna tutti, e tutte. 




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martedì 31 ottobre 2023

Paola Agosti, fotografa. LoSguardoDiGiulia

Paola Agosti, fotografa. 

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L'occasione della presentazione a Lodi del libro "Itinerari, il lungo viaggio di una fotografa" mi ha dato la possibilità di incontrare e conoscere una leggenda della fotografia: Paola Agosti.





L'incontro con Paola

Ho riconosciuto Paola Agosti immediatamente, mentre stava osservando un banchetto nello spazio libri del festival della fotografia etica a Palazzo Barni e, gentilissima, mi ha accolta con un sorriso quando l'ho avvicinata per chiederle di autografare una copia del suo libro. 

Solo due parole sulla nostra comune origine piemontese prima di sedermi e ascoltare le sue avventure negli anni in cui ha lavorato come fotoreporter internazionale.

(Ringrazio Laura De Benedetti per aver documentato con alcune foto l'incontro con Paola Agosti)


La presentazione del libro

Durante la presentazione del suo libro Paola Agosti ha raccontato di aver avuto nella vita molteplici esperienze fotografiche con personaggi che hanno fatto la storia.
Ad esempio del suo incontro casuale con Salvador Allende, grazie a un collega giornalista, di essere in seguito rimasta in Cile da sola, e di quando Allende in persona la invitò a Valparaiso per il pranzo, il piacevole ricordo di quando parlarono della loro passione per i cani. 

Gli anni '70

Paola ha raccontato dei suoi anni '70, della sua esperienza fotografica newyorkese nei quartieri del Bronx allora molto pericolosi per le persone bianche. Del sud Africa e dell'Apartheid. Della Rivoluzione dei garofani in Portogallo nel 1974, ricordando anche quanto sia importante il 25 aprile anche in Italia. 


L'unica volta, ha detto, in cui si è resa conto di trovarsi in un momento storico veramente importante. 

Una Fotografa in un mondo di fotografi

Paola Agosti si occupava di fotoreportage di cronaca come freelance in un ambiente prettamente maschile, in quel periodo c'era molto lavoro per lei e molta scelta che le consentiva di vivere di fotografia, ma a dei ritmi molto stretti e faticosi.
Per la rivista Noi Donne, diceva, ha realizzato molti reportage dal 1970 fino al 1989, con un gruppo affiatato dove girava l'Italia per documentare storie di donne speciali, di mondine, delle operaie nelle fabbriche, le partigiane, e per lei è stato un lavoro davvero coinvolgente. 

Il mondo dei vinti 

Ha poi raccontato della sua lettura del libro "Il mondo dei vinti" nel 78' ambientato nella provincia di Cuneo, in cui c'era miseria, la fame, il lavoro infantile, l'emigrazione, la convivenza tra partigiani e nazifascisti. L'abbandono delle montagne per emigrare verso un futuro migliore, fu davvero impressionata che tutto questo succedesse solo a 100 km dalla sua Torino.

Ebbe quindi l'idea di documentare quella realtà, con l'aiuto di mediatori, e riprendere i volti di quella povera gente.
Questa serie di scatti diventarono una mostra itinerante chiamata
"Immagini del mondo dei vinti", che espose anche Buenos Aires dove è presente una grande comunità piemontese, la quale apprezzò molto quelle sue immagini, e fece anche una pubblicazione dall'omonimo titolo.
Di seguito Paola ideò un progetto sugli immigrati piemontesi in Argentina. 
Questa serie di foto è diventata una mostra che verrà esposta al prossimo Festival a Torino dal titolo "Radici".

(Serravalle Langhe, 1977, Angela Gallano e il marito Michele Travaglio. Immagine dal libro di Paola Agosti Itinerari, il lungo viaggio di una fotografa)

Il significato della fotografia

L'archivio è importante.
Paola ha raccontato del suo stupore per quante persone le facciano i complimenti per l'ordine del suo archivio fotografico, sia  analogico che digitalizzato, ma è proprio per l'importanza che lei stessa dà alla memoria e alla testimonianza della fotografia che questo le è sempre riuscito facile. Consiglia quindi ordine negli archivi fotografici a chi si occupa di fotografia per poter poi ritrovare facilmente tutto il lavoro svolto, e preservarne la memoria, il che non è cosa da poco.

I ritratti

Paola Agosti è stata anche ritrattista di scrittrici e intellettuali del '900.
Ha raccontato del giorno in cui fotografò lo scrittore Jorge Luis Borges, di quando trovò il suo numero sulla guida telefonica, lo chiamò e passò con lui un pomeriggio intero. 
Fece anche, tra gli altri, il ritratto del filosofo Emil Cioran, e di Marguerite Yourcenar che incontrò casualmente a Venezia. Ha anche svelato che i ritratti migliori li ha fatti con una sorta di 'sana' antipatia verso il soggetto, sostenendo che per lei, entrare in confidenza con le persone che fotografava era un limite, e i ritratti non risultavano perfetti come avrebbe voluto.

(Ritratto di Anna Maria Ortese. Immagine dal libro di Paola Agosti Itinerari, il lungo viaggio di una fotografa)

Altri ritratti che ho trovato nel suo libro sono quelli di Gianni Agnelli, Claude Levi-Strauss, Federico Fellini, Rita Levi Montalcini, Alberto Moravia, Natalia Ginzburg, Maria Bellonci, Eugéne Ionesco, Gisèle Freund, Toti Scialoja, Andy Wharol.

La conciliazione

"Come si è evoluta la sua professione al femminile, e come ha potuto conciliare il suo lavoro con la vita familiare?" (Laura DB)

"In realtà ho smesso da molto tempo l'attività e all'epoca in cui lavoravo c'erano davvero poche fotografe, non come ora in cui se ne trovano sempre di più, al massimo insieme a me c'era "la moglie del fotografo" che sostituiva il marito assente. 
Durante i reportage capitava che mi dovessi portare anche una scaletta perché sono di piccola statura, era un lavoro davvero faticoso, anche fisicamente. E soprattutto era tutto in analogico, quindi si trattava di rullini da portare a sviluppare, di provini da scegliere, di riuscire a vendere le foto ai giornali, ora è molto più semplice.
La mia vita privata era complicata, ed ha contribuito a impedirmi di diventare madre perché il tutto era davvero poco conciliabile."

In compagnia di celebrità della fotografia

Seduto al nostro fianco durante questo evento anche il fotografo Franco Zecchin, amico di Paola Agosti, che aveva presentato il suo libro sulla celebre fotografa Letizia Battaglia proprio il giorno precedente. 

La nota stonata 

Unica nota stonata è stato il momento in cui Alberto Prina (organizzatore del festival), nel momento in cui avrebbe dovuto presentare la fotografa Paola Agosti, ha dovuto voltarsi per chiederle il nome, sembrava che non avesse la più pallida idea con chi avesse a che fare! 😲
Ma la grandissima Paola Agosti, con l'imperturbabilità e la fermezza che contraddistingue chi è di origine piemontese, nel rivelargli il suo nome, non ha fatto né una piega, né una smorfia. Anche se poi, in una conversazione privata, Paola mi ha rivelato che a bassa voce due parole le aveva dette a Prina, e ha fatto benissimo!
Quanta classe ...

La mia generazione aveva scelto questa professione per fare informazione, per essere testimone del proprio tempo. Ho sempre pensato che in fotografia si debba raccontare, per quanto possibile, la verità o per lo meno quello che onestamente il fotografo crede sia la verità. Per un fotografo è fondamentale l’onestà, il non prevalere mai come protagonista su chi e cosa si sta fotografando

Paola Agosti


Grazie 
Per questa bellissima esperienza da ricordare con affetto! 

***

Per chi vuole saperne di più:

Il sito ufficiale di Paola Agosti:

http://www.paolaagosti.com/

Il bellissimo documentario che la ritrae, su Raiplay: 

Paola Agosti, il mondo in uno scatto

La mini intervista a Paola Agosti sul canale Snoq Lodi realizzata insieme a Laura De Benedetti: 

Paola Agosti, gli anni ruggenti del femminismo

Intervista a Paola Agosti nel canale YouTube di Noi Donne



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lunedì 20 febbraio 2023

Incontri con le autrici con Lo Sguardo Di Giulia

Incontri con le autrici - Maria Pia Trevisan

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Sono sempre entusiasta di poter contribuire con i miei lavori agli appuntamenti culturali di Toponomastica femminile e Se Non Ora Quando Lodi, questa volta si tratta della presentazione del libro "Ho danzato nel tempo" di Maria Pia Trevisan il 18 febbraio 2023 al Teatrino Musitelli di Lodi.

Questo il montaggio delle parti salienti dell'incontro, in cui, oltre alla presentazione della scrittrice, abbiamo potuto anche assistere al mini concerto del gruppo di musica popolare "De Terra":

 




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