domenica 8 giugno 2025

"La voce delle donne": Valeria Palumbo racconta le pioniere dimenticate del giornalismo italiano

"La voce delle donne": Valeria Palumbo racconta le pioniere dimenticate del giornalismo italiano

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C’è una voce potente che scorre nei corridoi della storia: è la voce delle donne che hanno fatto informazione quando ancora nessunə era prontə a riconoscerle come professioniste. Con il suo nuovo libro La voce delle donne. Pioniere e ispiratrici del giornalismo italiano (Laterza, 2025), Valeria Palumbo porta alla luce un pezzo di storia rimasto nell’ombra troppo a lungo
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sabato 31 maggio 2025

Chi era Antonio Ligabue? La sua vita tra arte e dolore

Chi era Antonio Ligabue? La sua vita tra arte e dolore

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Nel 2020, il regista Giorgio Diritti ha portato sul grande schermo la vita tormentata di Antonio Ligabue con Volevo nascondermi, un film che scuote e lascia il segno e che mi è capitato di vedere in questi giorni
È un’opera potente, che descrive il dolore e il genio di un artista incompreso, affidando a Elio Germano – premiato con l'Orso d’Argento al Festival di Berlino – il compito di dargli corpo e voce con un’intensità struggente.

La sua biografia, in breve

Antonio Ligabue nasce a Zurigo nel 1899, da una madre italiana emigrata in Svizzera e da padre ignoto. Dopo la morte dei suoi tre fratellini, viene affidato a una famiglia svizzera, con cui non avrà un rapporto sereno. Cresce in un ambiente difficile, segnato da povertà, discriminazioni e fragilità psichiche. A scuola è deriso, e la sua diversità non trova comprensione.

Nel 1919 viene espulso dalla Svizzera per motivi comportamentali e mandato in Italia, nel paese d'origine della madre: Gualtieri, nella bassa padana. Lì non ha legami, né accoglienza. Vive come un emarginato, tra baracche e fiume, spesso sfamato dalla carità. I suoi disturbi – oggi riconducibili a un disturbo dello spettro autistico con tratti psicotici – lo rendono 'strano' agli occhi delle persone. Ma è anche in quegli anni di isolamento che Antonio inizia a dipingere, a scolpire, e a osservare il mondo animale.

Solo negli anni Cinquanta, grazie all’interessamento di critica e gallerie d'arte, Ligabue inizia a essere conosciuto, anche se non comprenderà mai pienamente la portata del suo successo. Morirà nel 1965, a 66 anni, dopo aver lasciato un’eredità artistica straordinaria.

Com’era la vita all’epoca di Ligabue

La prima metà del Novecento in Italia è un periodo complesso: due guerre mondiali, il fascismo, la miseria nelle campagne. Nella bassa padana, il lavoro è duro, l'analfabetismo diffuso, le persone vivono di agricoltura e faticano a sopravvivere. Non c’è posto per chi ha un disagio psichico o è ribelle, il suo destino è quello dell'esclusione dalla società o l'internamento in manicomio.

Ligabue viene ricoverato più volte in manicomio, ma la sua sofferenza non è mai ascoltata, solo contenuta. “El Tudesc”, come lo chiama la gente"non aveva un lavoro, non aveva una moglie, non pagava la tassa sul celibato, non contributiva in nessun modo alla crescita dell'Italia fascista" era considerato uno di troppo. In un’epoca in cui le diagnosi erano sentenze sociali e l’arte non era vista come una possibilità, lui riesce però a trasformare il dolore in creazione.

L’urlo di un artista

Una delle scene più potenti del film – e che più mi ha emozionata – è quella in cui Ligabue cerca di vendere un suo dipinto nella piazza del paese. Il quadro raffigura delle tigri: è grande, dai colori accesi, un dipinto esplosivo. Dentro ci sono la sua forza ritrovata, il suo coraggio, il desiderio di farsi riconoscere come artista. Si avvicina a due uomini che lo riconoscono. Con voce tremante, chiede loro se vogliono acquistarlo, se piace. Cerca la loro approvazione, ciò di cui ha bisogno ogni artista.

Ma quei due ridono di lui. Lo umiliano, lo ridicolizzano. E quello sguardo pieno di speranza si trasforma. Prima nella vergogna, poi nella furia. Ligabue prende il quadro e lo distrugge, lo calpesta, lo scaglia in aria davanti ai passanti attoniti. È una scena dura, lancinante, che mostra tutta la sua fragilità e l’ingiustizia dell’emarginazione di chi ha una patologia mentale. 

Il bisogno di riconoscimento 

Volevo nascondermi è un film sull’arte, ma soprattutto sull’umanità. È un racconto di ferite e riscatto, di solitudine e desiderio di esistere. La bravura dell'attore Elio Germano non sta solo nella mimica o nella voce, ma nella capacità di farti entrare nel cuore dolente di un uomo che voleva solo essere amato per quello che era. Perché, in fondo, ogni artista – come ogni persona – ha bisogno di sentirsi dire: “Ti vedo. E ciò che fai vale”.

Determinanti i ruoli femminili 


In un’opera dominata dalla figura tormentata di Antonio Ligabue, le attrici che costellano questo il film riescono a imprimere emozioni profonde con ruoli sobri ma essenziali. Dagny Gioulami, nei panni della madre adottiva Elise, incarna il dolore sordo di una donna che non sa come amare un figlio “diverso”, e lo fa con uno sguardo appena accennato, con gesti che parlano più delle parole. Paola Lavini, con la sua intensità silenziosa, regala al film un’umanità struggente, tanto da meritare una candidatura al Globo d’Oro. Anche Orietta Notari lascia una traccia delicata, contribuendo a costruire il mondo che ha rifiutato e ferito Ligabue.

Arte outsider: il valore della voce non addomesticata

Ligabue è oggi riconosciuto come uno dei maggiori esponenti dell’art brut o arte outsider, espressione artistica spontanea, nata fuori dalle accademie e dai circuiti ufficiali, che nasce dal bisogno viscerale di esprimersi, spesso da parte di persone emarginate o considerate 'inadatte' dalla società, viene definito anche come artista naif

"Anche dopo la notorietà, il successo, l'automobile, l'autista, il cappotto, il cappello, Ligabue rimane una creatura disperata, solitaria, senza amore. E cerca l'amore con affanno, ma il suo 'fuori' è troppo diverso, perché qualcuna possa capire ciò che c'è dentro" 

Il vero naif, di Raffaele Andreassi, Odeon, 1977


“Io sono un grande pittore”
(Antonio Ligabue, intervista del 1962)


Per approfondire 

Puoi vedere il film del 2020 'Volevo nascondermi' su 👉Raiplay

Sempre su Raiplay puoi vedere 👉'Ligabue', lo sceneggiato del 1977, in 3 puntate,  interpretato da Flavio Bucci

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Lo Sguardo Di Giulia 2025

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domenica 25 maggio 2025

Festa dei Popoli 2025. Lodi si colora di umanità e speranza

Festa dei Popoli 2025. Lodi si colora di umanità e speranza 

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Sabato 24 maggio, Lodi ha risuonato delle voci, dei colori e dei profumi del mondo.


Nel Parco Martiri della Libertà e al Centro Sportivo Faustina si è svolta la Festa dei Popoli, un appuntamento atteso e necessario, che da anni racconta il volto più autentico e accogliente della nostra città.

domenica 11 maggio 2025

Aspie Girls e il Soroptimist Club di Lodi accendono la luce sull’autismo femminile

Aspie Girls e il Soroptimist Club di Lodi accendono la luce sull’autismo femminile

L’arte che diventa espressione di sé

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L'11 maggio 2025 ho partecipato a un evento nella elegante cornice del cortile di Palazzo Galeano a Lodi che unisce due temi a me particolarmente cari: l’arte come strumento di espressione e l’inclusione femminile.  Si tratta del progetto Aut-Style World che fa parte del più ampio progetto Aspie Girls.


Un laboratorio artistico per l'autonomia e l'inclusione

Si tratta di un laboratorio di arte relazionale, guidato dall'artista Roberto Alfano, che ha coinvolto otto ragazze adolescenti cui è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento, anche detto Sindrome di Asperger, che fa parte delle neurodivergenze, che sono differenze neurologiche come l'autismo, l'ADHD, la dislessia e la plusdotazione, che non sono considerate malattie ma differenze naturali nel funzionamento del cervello. Dal mese di gennaio 2025 le ragazze hanno esplorato la propria interiorità attraverso il disegno, la scrittura e la narrazione visiva ed il risultato è stata una serie di opere tra cui delle magliette che raffigurano il logo del progetto e un video davvero esplicativo. 


Ogni ragazza e donna ha il diritto di raccontarsi con i propri mezzi e nei propri tempi. E l’arte, in questo, sa essere un ponte meraviglioso.

Pensieri, emozioni e sogni diventano arte

Le ragazze, seguite con sensibilità professionale dall’équipe della Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (UONPIA) dell’ASST di Lodi, hanno avuto l’opportunità di trasformare pensieri, emozioni e sogni in opere creative, e profondamente comunicative.

L’iniziativa è un atto di rivendicazione di spazio e visibilità per tutte quelle giovani donne il cui autismo spesso viene ignorato, sottovalutato o mal diagnosticato. L’autismo al femminile, infatti, tende a presentarsi in forme più camuffate, mimetizzate dalla pressione sociale a 'comportarsi bene', a essere accettate, a non disturbare. Questo progetto offre loro la possibilità di non dover più mascherare nulla.

Il sostegno del Soroptimist Club di Lodiunitamente a Fondazione Comunitaria di Lodi, si conferma ancora una volta concreto e coerente con la missione dell’associazione: promuovere l’empowerment femminile, la parità di diritti e l’inclusione in ogni ambito della società, a partire da chi troppo spesso resta invisibile.

Questo progetto è sostenuto da Platea Palazzo Galeano con il contributo dell’UONPIA dell'ASST Lodi - Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Lodi, di Soroptimist Club Lodi, della Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi grazie alle risorse del Fondo Tollini e inserita tra le iniziative del festival culturale Kàlamos.


Un progetto da sostenere, raccontare e, soprattutto, ascoltare. 

"Le ragazze e le donne nello Spettro Autistico possono presentare caratteristiche diverse da quelle dei loro coetanei maschi. Spesso, infatti, i Sapiens con una mente femminile sono maggiormente in grado di fare masking, cioè di nascondere le loro caratteristiche neurodivergenti attraverso l'imitazione del comportamento sociale, allo scopo di integrarsi nella comunità di cui fanno parte; questo può ritardare la diagnosi, o l’individuazione dell’appartenenza alla Neurotribù o portare a diagnosi errate di altre condizioni, come disturbi della personalità o dell'umore."  Per approfondimenti 👉 Aspiegirls.it



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domenica 4 maggio 2025

Nagar Kirtan: spiritualità e uguaglianza a piedi nudi

Nagar Kirtan: spiritualità e uguaglianza a piedi nudi

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Domenica 4 maggio Lodi ha vissuto l'annuale esplosione di colori, voci e profumi del Nagar Kirtan. Le strade si sono trasformate in un fiume di umanità: bambini e bambine, uomini, donne sorridenti e musiche trascinanti. Con passo fiero e turbante arancione, c'erano uomini dallo sguardo severo in abiti tradizionali che rivolti al futuro portavano sulle spalle la bandiera con il khanda, simbolo del Movimento Khalistan

Poco più avanti, una scena un gruppo di donne sikh che, a piedi nudi, insieme a un gruppo di uomini, spazzavano la strada con le scope. Una visione potente, che ha aperto interrogativi profondi sul significato di quel gesto.

Il sikhismo: una fede che nasce già eguale

Ho letto che il sikhismo è una religione giovane, nata alla fine del Quattrocento nel Punjab, una terra di confine tra India e Pakistan. Il suo fondatore, Guru Nanak, fu tra i primi a dichiarare che tutti gli esseri umani sono uguali davanti a Dio.
Una rivoluzione spirituale e sociale: no alle caste, no alla supremazia maschile, sì alla condivisione, alla solidarietà e al servizio verso l’altro/a (seva). In un mondo ancora segnato da disuguaglianze, il messaggio sikh conserva intatta la sua forza radicale.

Nagar Kirtan: la spiritualità che ha attraversato le strade


Il Nagar Kirtan è una celebrazione pubblica della fede. Il testo sacro sikh, il Guru Granth Sahib, viene trasportato in corteo e preceduto da canti devozionali (kirtan), danze, arti marziali (gatka) e dalla distribuzione gratuita di cibo (langar). 

Ma è anche molto di più: una dichiarazione d’identità, una testimonianza di presenza, un invito al dialogo. A Lodi, l’Isola Carolina ha ospitato ancora una volta questa festa aperta a tutte e tutti, un ponte tra comunità che vivono lo stesso territorio.

Le donne sikh: tra spiritualità e ruoli tradizionali

Nel sikhismo, fin dalle origini, le donne sono riconosciute come uguali agli uomini sul piano spirituale e sociale. A Lodi, finalmente quest'anno durante il Nagar Kirtan, le donne hanno aperto il corteo insieme agli uomini, a piedi nudi e con una scopa in mano, hanno spazzato la strada in segno di rispetto per il passaggio del Guru Granth Sahib. 

È stato un gesto di grande devozione e la loro presenza è stata determinante, forte, luminosa. E forse proprio da lì, dal basso, può nascere un nuovo modo di stare nel mondo.

Camminare verso l’uguaglianza oggi

Nelle comunità sikh della diaspora – e anche in Italia – le donne stanno ridefinendo la propria presenza: fondano associazioni, lavorano in spazi interculturali, parlano di genere e fede senza timore. Alcune rivendicano la libertà di portare il turbante, altre scelgono nuove forme di leadership. 


Non è un percorso facile, ma è in corso. E si nutre di alleanze, visibilità, ascolto reciproco.

Una festa per Lodi

In una città come Lodi, dove convivono culture diverse, la festa del Nagar Kirtan ha rappresentato anche un invito silenzioso alla convivenza e al riconoscimento reciproco.

I profumi, i colori vividi dei vestiti, il ritmo profondo delle musiche tradizionali, la generosità del cibo condiviso: tutto ha parlato di una comunità viva, orgogliosa e aperta.


Il passo delle donne è parte del cammino

Torno a casa con la sensazione di aver attraversato una soglia. Il passo delle donne sikh, che spazzano la strada insieme agli uomini, ci chiede di guardare con occhi nuovi le parole uguaglianza, rispetto, cambiamento. 


Una strada pulita, preparata con cura e dedizione, non è un luogo secondario: è già parte del cammino comune verso un mondo, spero, più paritario.


Il Movimento Khalistan 
è un movimento secessionista che anela alla creazione di una terra natìa per i 
sikh,
uno Stato sovrano denominato 
Khalistan 
(in 
pangiabi ਖ਼ਾਲਿਸਤਾਨ, "Terra dei Khālsā"),
nella regione del 
Punjab. Fonte Wikipedia


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martedì 29 aprile 2025

"Si prega di toccare": l'arte che accoglie tutti i sensi

'Si prega di toccare': l'arte che accoglie tutti i sensi

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In un mondo in cui l’accessibilità viene ancora troppo spesso trattata come una concessione anziché come un diritto, la mostra "Si prega di toccare" allestita a Lodi ha mostrato che l’arte può — e deve — parlare a tutte e tutti, senza distinzioni.

Un’esperienza capace di avvicinare persone di ogni età e condizione sensoriale, attraverso opere che si possono scoprire non solo con gli occhi, ma con ogni parte di noi. Qui ti racconto la mia esperienza dedicata a questa iniziativa, un evento che ha saputo trasformare l’arte in un gesto autentico di inclusione e sensibilità.

Forse, più che toccare, sono io a essere toccata

Bendata e guidata da studenti del Liceo Artistico Piazza, ho potuto esplorare le opere attraverso il tatto, l’olfatto e l’udito, riscoprendo così il valore, pieno, autentico dell’esperienza sensoriale. 

"Mi muovo tra le opere come in punta di dita. Alcune sembrano attendermi, altre mi sorprendono, come se sapessero che il mio tocco è domanda, non possesso. Ogni superficie racconta una storia diversa: liscia, ruvida, calda, morbida, sfuggente, profumata.

Autori e autrici di questo progetto collettivo hanno compiuto un gesto raro, quasi sacro: hanno affidato le loro creazioni a mani sconosciute, mani curiose piene di memoria, di fragilità, di stupore. Hanno rinunciato alla distanza protetta dei musei, per rischiare l’incontro. Qui, il tatto è racconto. Il rischio è emozione. Il contatto è rivoluzione.

Forse, più che toccare, sono io a essere toccata. 

Ho sperimentato la dolcezza — e il disorientamento — del dover attendere una mano che mi conducesse. La paura di urtare, di rompere, di ferire. Senza vista, senza appigli, ogni passo era un piccolo salto nel vuoto. 

E a un certo punto, è accaduto: ho fatto cadere dei piccoli manichini, delicate parti di un’opera che descriveva le emozioni umane. Il suono della loro caduta è rimbalzato dentro di me. Ho sentito la vergogna, un tremore, ma anche qualcosa di più profondo: la consapevolezza che ogni contatto autentico comporta una possibilità di rottura. E che la fragilità non è un errore, ma parte dell’esperienza.

Descrivevo le mie percezioni e curiosità a voce alta rivolgendomi alla mia guida, paziente, vigile, presente. Mentre le sue mani dirigevano le mie, esploravo superfici, materie che parlano, nel buio."


Se anche tu hai vissuto questa esperienza, raccontami nei commenti le tue emozioni! Mi piacerebbe sapere come l'arte ha saputo toccarti, nel senso più vero della parola.




42 artisti e artiste che hanno esposto le loro opere, tra loro, anche artisti come Felice Tagliaferri, scultore non vedente riconosciuto a livello internazionale, Patrizio Lana e Tizio Tiziani, offrendo una panoramica ricca e plurale sulla creazione artistica accessibile.

A Palazzo Sommariva, in un luogo prestigioso

Dal 26 aprile al 4 maggio 2025, il Palazzo Sommariva di Lodi, la settima edizione della mostra "Si prega di toccare – L’arte in punta di dita", promossa dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Lodi, con il patrocinio del Comune e della Provincia di Lodi e il sostegno della Banca Centropadana.

Un momento speciale è stato offerto dalla Fondazione Alfredo Catarsini 1899, che ha curato un laboratorio esperienziale ispirato alle opere di Alfredo Catarsini, interpretandole in una chiave sensoriale, dove il tatto e l'olfatto hanno accompagnato la scoperta visiva.

La cura della mostra è stata affidata all’architetto Mario Quadraroli e al professor Mario Diegoli, che da anni lavorano per costruire spazi culturali, accessibili e inclusivi.

Alcune informazioni aggiuntive

Titolo mostra: Si prega di toccare – L’arte in punta di dita

Date: 26 aprile – 4 maggio 2025

Luogo: Palazzo Sommariva, Corso Roma 100, Lodi

Organizzatori e organizzatrici: Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – sezione di Lodi, con il patrocinio di Comune e Provincia di Lodi, con il sostegno di Banca Centropadana

A cura di Mario Quadraroli e Mario Diegoli

Partner: Fondazione Alfredo Catarsini 1899, Liceo Artistico Callisto Piazza di Lodi

Partecipanti:  Emanuela Elseno, Maurizio Caroselli, Elena Amoriello, Roberto Ramirez Anchique, Anfer, Samuela Anildo, Annalisa Aversa Azzi Emma, Caterina Benzoni, Ornella Bernazzani, Borsotti Valeriano, Romeo Brioschi, Marina Brusoni, Ivan Croce, Loredana De lorenzi, Antonio Devincenzi, Attilio Di Maio, Mario Diegoli, Gregorio Dimita, Roberto Fenocchi, Ambrogio Ferrari, Vigi Ferrero, Ilaria Ferri, Mariangela Groppelli, Fabrizio Lana, Marialisa Leone, Anna Mainardi, Barbara Martini, Mario Massari, Petro Mazza, Letizia Merati, Etta Rossi, Laura Segalini, Mara Senno, Timarete (Margherita Argentiero, Roberta James, Tina Pedrazzini), Tizio Tiziano, Andrea Viani, Daria Zucchetti.

"...Se potessimo ascoltare il racconto delle opere dopo essere state toccate da centinaia di mani, che storia ci racconterebbero?"



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mercoledì 23 aprile 2025

Carlo Angela e il segreto dei matti: un racconto di coraggio e umanità

Carlo Angela e il segreto dei matti : un racconto di coraggio e umanità

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La figura di Carlo Angela – medico, antifascista, padre del divulgatore Piero Angela (e nonno di Alberto) – è una di quelle storie che parlano alla coscienza, ma anche alle radici più profonde della nostra umanità. Il suo coraggio silenzioso durante la Seconda guerra mondiale, quando mise in salvo decine di persone ebree e oppositrici del regime, nascondendole nella clinica psichiatrica che dirigeva a San Maurizio Canavese, nel cuore del Piemonte, mi ha profondamente toccata.

Per questo, appena ho saputo che alla Società Generale Operaia di Mutuo Soccorso di Lodi si sarebbe tenuta la presentazione del romanzo Carlo Angela e il segreto dei matti, non ho avuto dubbi: dovevo esserci. Sentire dalla voce dell'autore la storia di quest’uomo straordinario è stato un momento intenso, quasi necessario. Un piccolo atto di memoria, di gratitudine e di resistenza.

Chi era Carlo Angela

Carlo Angela nacque a Olcenengo, in provincia di Vercelli, nel 1875. Dopo la laurea in medicina a Torino, si specializzò in psichiatria e diresse, negli anni Trenta e durante la guerra, la clinica per malattie mentali “Villa Turina Amione” a San Maurizio Canavese. Fu proprio lì che mise in atto la sua personale forma di resistenza, trasformando la struttura in un rifugio sicuro per ebrei, antifascisti, renitenti alla leva e oppositori del regime. Li registrava come pazienti psichiatrici, spesso falsificando cartelle cliniche, affinché sfuggissero ai rastrellamenti e alle deportazioni.

Una narrazione diretta, accessibile, coinvolgente

Carlo Angela e il segreto dei matti, il libro scritto da Alessandro Q. Ferrari, pubblicato da De Agostini nel 2024, di cui ho assistito alla presentazione in occasione della Maratona Letteraria, per il 25 aprile alla Società Operaia Di Mutuo Soccorso di Lodi, è un romanzo storico dalla scrittura fluida. In 160 pagine, Ferrari racconta con sensibilità e ritmo narrativo la storia di questo medico coraggioso che all'epoca aveva circa 70 anni (non è cosa da poco) e che, sotto la copertura della clinica, accolse e protesse uomini e donne ricercate dal regime, spesso dichiarandole false pazienti con nomi inventati.

Un libro per giovani (e non solo)

La sua azione era consapevole, rischiosa e perfettamente organizzata. Collaborava con le poche persone fidate all’interno della clinica, costruendo una rete di solidarietà silenziosa. Non cercò mai gloria o riconoscimenti: agì per senso di giustizia e umanità. Solo molti anni dopo, nel 2001, Carlo Angela è stato riconosciuto Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem, il memoriale ufficiale israeliano delle vittime dell'Olocausto.


Perché leggerlo oggi

Lo stile è colloquiale, il dialogo tra la storia e chi legge è immediato. 


Ferrari si rivolge direttamente a lettori e lettrici, invita a riflettere, accompagna nel cuore di un’Italia lacerata dalla guerra, in cui l’umanità resiste nei gesti piccoli e decisi di persone come Angela. Questo rende il libro ideale anche per un uso didattico, per laboratori scolastici sulla memoria e la Resistenza.

Un ponte tra memoria e territorio

Raccontare oggi storie come quella di Carlo Angela è un atto politico e civile. In un presente attraversato da nuove forme di discriminazione, violenza e rimozione della memoria, la figura di un uomo che rischiò tutto per proteggere chi era perseguitato ci ricorda che la giustizia si costruisce nelle scelte quotidiane. Il libro ci invita a non dimenticare che anche nel silenzio, nell’ombra, si può scegliere da che parte stare. Ed è un messaggio prezioso per le giovani generazioni.

Il coraggio civile 

Come per la storia di Ettore Archinti, sindaco di Lodi e internato a Flossenbürg – dove morì per le sue idee politiche, per la sua umanità e per aver aiutato nella fuga alcuni partigiani ricercati e prigionieri anglo-americani – il gesto di Carlo Angela è un esempio limpido di coraggio civile. 

Lodi, la città che mi ha adottata, ha saputo ricordare Archinti anche attraverso l’arte dedicandogli un museo, io gli ho dedicato 👉una mostra fotografica e 👉alcuni 👉articoli del mio blog. 

Ritrovo in Angela quello stesso senso profondo di responsabilità, discrezione e fermezza che mi ha portata al desiderio di approfondire la memoria dell’uno e dell’altro.

Le vicende di Carlo Angela si intrecciano con le mie origini piemontesi e con il mio personale bisogno di restituire valore a una memoria spesso taciuta e la necessità di onorare chi, nel buio della storia, ha scelto la luce!

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Per approfondire

Su RaiPlay: 

👉Carlo Angela: Un medico stratega 

👉Sorgente di vita - Matti da salvare

Su YouTube:

👉L'intitolazione a Carlo Angela della scuola elementare dell'istituto comprensivo di Vercelli

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