Il tempo di uno sguardo
Un libro trovato, un incontro inaspettato, un piccolo rito di restituzione.
Non avevo in programma di fermarmi, quel giorno. Il cortile del Circolo Cerri in Viale Pavia era immerso in una quiete luminosa, interrotta solo dal passaggio di qualche bicicletta.
Mi sono avvicinata alla piccola libreria del book crossing allestita dall'UniTre per caso, come si fa con i luoghi che sanno di casa e di curiosità. È un luogo a cui sono affezionata: proprio lì, qualche tempo fa, avevo esposto la mia mostra fotografica dedicata a Ettore Archinti. Tornarci, anche solo per curiosare tra i libri, mi ha dato la sensazione di chiudere un cerchio — o forse di aprirne un altro.
Tra romanzi vissuti e manuali dimenticati, un titolo mi ha attirata: Il tempo di uno sguardo, di Paola Pellai (Edizioni GIV - 2016).
Una staffetta invisibile
Si trattava di un libro fotografico, ma quando l’ho aperto ho capito che c’era dentro qualcosa di più: una dedica scritta a mano — “a Elisa” — firmata dall’autrice. E poi una cartolina rossa con scritto "Grazie, Paola", nascosta tra le pagine, con la foto di due colombe bianche su un ramo. Quel piccolo segno mi è sembrato un messaggio lasciato apposta per chi lo avrebbe trovato dopo, come una staffetta invisibile di sguardi.
Lina Wertmüller
La prefazione di Lina Wertmüller annunciava già il tono del libro: uno sguardo attento, ironico, profondamente umano. Sfogliando, ho scoperto che ogni pagina è un incontro — volti, gesti, frammenti di vita che Paola ha raccolto nei suoi viaggi.
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| Foto di Paola Pellai | 
Ma Il tempo di uno sguardo è anche, e forse soprattutto, il racconto di una giornata: dalle prime luci delle 7 del mattino tra le Dolomiti fino alla luna piena di Otranto, alle 24. Un percorso che attraversa non solo l’Italia, ma anche l’Europa e il Mediterraneo: dal Nord al Marocco, passando per Malta, Maiorca e piccole isole dove il tempo sembra davvero rallentare. Un viaggio geografico e umano, in cui il paesaggio si intreccia ai volti e alle storie delle persone incontrate lungo la strada.
Un nuovo sguardo
Seduta al tavolino dell’Unitre, tra le sedie che invitano a restare, ho pensato che quel libro, arrivato lì chissà come, era già parte di una nuova storia, di un nuovo sguardo: il mio, quello di chi lo aveva donato, e forse anche quello di Elisa che aveva avuto tra le mani quello stesso libro dal 2016. Più guardavo le fotografie, più sentivo che Il tempo di uno sguardo non parlava solo delle persone ritratte, ma soprattutto di chi le osserva.
C’è sempre un momento, brevissimo, in cui il mondo si lascia vedere. È quell’attimo che chi fotografa cerca da sempre: lo spazio sospeso tra il gesto e la memoria. Paola Pellai lo racconta con delicatezza, senza mai rubare, senza mai forzare. Le sue immagini sembrano nate dall’ascolto, non dal possesso. E questa, forse, è la differenza tra guardare e vedere.
Sfogliare il suo libro in quel cortile, dove i libri passano di mano in mano e si lasciano dietro tracce di vita, mi ha fatto pensare che anche la fotografia dopotutto, come i libri, è una forma di book crossing: uno scambio silenzioso di esperienze, emozioni e prospettive. Chi scatta offre un frammento del proprio tempo, chi guarda lo accoglie e lo trasforma.
Post Scriptum – Uno sguardo che torna indietro
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| Foto di Paola Pellai | 
Io, invece, ho pensato che per me trovarlo è stata una fortuna. Perché senza quel gesto — forse involontario, forse generoso — non avrei mai incrociato Il tempo di uno sguardo, né le persone che ho incontrato e i pensieri che ha risvegliato.
Grazie Elisa!












