Diane Arbus: lo sguardo che ha cambiato la fotografia del XX Secolo
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La storia di Diane Nemerow, coniugata Arbus, è quella di una donna che ad un certo punto della vita ha sentito la necessità di esplorare quello che le era stato negato nella giovinezza. Diane nasce in una agiata famiglia ebrea di origine polacca, trascorre la gioventù in un'atmosfera iperprotetta, lontana da ogni avversità , studiando in scuole umanistico-religiose. I divieti che le erano stati imposti si trasformano quindi nella sua ossessione, con la quale è riuscita a cambiare lo sguardo fotografico del XX secolo.
"Una delle cose di cui sentivo di soffrire da bambina era il fatto di non provare mai avversità . Vivevo in un costante senso di irrealtà , che potevo percepire solo come irrealtà . E la sensazione di essere immune, per quanto assurdo possa sembrare, era una sensazione dolorosa".
(Diane Arbus, Milano, Photology)
L'esigenza di diventare autonoma
Si sposa a 18 anni con Allan Arbus, e con lui intraprende il mestiere della fotografia di moda come sua assistente, acquisendo competenze sulle tecniche fotografiche. Presto nasce in lei l'esigenza di voler sperimentare in autonomia le potenzialità della fotografia, nel 1958 si separa dal marito, frequenta dei corsi di fotografia e tenta l'esplorazione profonda del mondo dei freaks, di coloro che la società ripudia, per i quali nutre una simpatia pura, di cui si sforza di conoscere il più possibile conquistandone la stima fino ad instaurare una vera amicizia.
Allieva di Lisette Model
Diane fu allieva di un corso di fotografia della fotografa Lisette Model presso la New School for Social Research. Lisette aiutò Arbus a combattere l'imbarazzo e la timidezza che le impedivano di seguire il proprio istinto nella scelta dei soggetti da fotografare e a ricercare la cooperazione con i soggetti ritratti, in un reciproco disvelarsi, comunicando reciprocamente.
L'abbattimento degli schemi mentali di Diane diede sfogo quindi agli impulsi e fece in modo che la fotocamera diventasse mediatrice tra l'esterno e l'inconscio. Fu così che mise da parte il panico e ansia per dare voce alla propria vocazione, in una sfida contro se stessa stimolante e galvanizzante. Riuscì con il suo sguardo a ritrarre il volto sconosciuto di New York, quello più desolato e che la gente non voleva vedere.
Secondo Diane Arbus la maggior parte delle persone vive con la paura di avere prima o poi un'esperienza traumatica. I freaks invece sono nati con il trauma. Hanno già passato il loro esame. Sono aristocratici. La vita ha già provveduto a differenziarli nell'aspetto fisico per cui non hanno bisogno di abituarsi alla normalità . Viceversa le persone normali vivono perennemente col timore che possa capitare loro una disgrazia o un evento che li faccia diventare dei diversi e emarginati.
Per i suoi scatti Diane frequentò luoghi a luci rosse, il Central Park, le spiagge di Coney Island, l'Humbert Museum dove si esibivano persone 'strane' e grottesche. I personaggi ritratti da Diane erano freaks, travestiti, nani, giganti. Rappresentavano il proibito, le anomalie della natura di cui Diane fu sempre curiosa e cui aveva da sempre prestato molta attenzione.
Nel 1963 e nel 1966 ottiene borse di studio della Guggenheim Foundation che le consentono di viaggiare e ottenere incarichi da importanti riviste come Newsweek, New York Times e Sunday Times.
"Diane lavorava lentamente e con attenzione, in totale collaborazione con i suoi soggetti, cercando di articolare il senso della forma e del contenuto, provando a esprimere la sua visione del terribile isolamento e della solitudine di ogni individuo. Cominciò a fotografare le persone da una certa distanza, ne loro contesto, solo più tardi passò ai primi piani"
In una intervista a Newsweek Diane affermò: "Finché non studiai con Lisette sognavo di fare fotografie, ma non le facevo davvero. Lisette mi disse che dovevo divertirmi nel farlo, cominciai e poi imparai man mano, lavorando".
Uno stile riconoscibile
Le foto di Diane Arbus sono riconoscibili per diverse caratteristiche distintive, tra cui i soggetti non convenzionali.
Arbus spesso fotografava persone ai margini della società , come travestiti, nani, giganti, artisti di circo, e individui con disabilità . I suoi soggetti erano spesso coloro che la società tendeva a ignorare o evitare. Era interessata a esplorare i confini tra normalità e stranezza, rivelando come le persone 'diverse' possano sembrare normali e viceversa. Questo tema ricorrente nelle sue opere invita a riflettere sulla diversità e sulla percezione della normalità .
Il suo stile era crudo e non abbellito, cercava di catturare l'essenza dei suoi soggetti senza maschere o artifici, spesso rivelando aspetti della loro personalità e della loro vita interiore. Le immagini spesso presentano una composizione centrata, con i soggetti che guardano direttamente nella fotocamera. Questo crea un senso di confronto e intimità tra il soggetto e chi le osserva.
Lavorava principalmente in bianco e nero, il che aggiungeva un'ulteriore dimensione di drammaticità e intensità alle sue immagini. Il contrasto e la grana delle sue fotografie contribuiscono al loro impatto visivo.
Diane Arbus sperimentò nella sua vita episodi depressivi, simili a quelli di sua madre. Il 26 luglio 1971 morì suicida a 48 anni ingerendo barbiturici e tagliandosi i polsi con un rasoio.
Per approfondire:
Masters of photography - Diane Arbus - 1972
Diane Arbus - In the beginning
Diane Arbus - 30 of Her Best Photographs (Portfolio)
Nel 2006, ispirato al romanzo di Patricia Bosworth Diane Arbus, Una biografia è stato realizzato il film: Fur - Un ritratto immaginario di Diane Arbus. Diretto da Steven Shainberg, con Nicole Kidman.
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