La mercante di Brera – L’arte che diventa un atto di libertà
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Per gentile concessione Sperling & Kupfer |
Scelte rivoluzionarie
Non è la prima volta che rifletto, attraverso le storie delle donne, su cosa significhi scegliere per sé stesse. Qualche tempo fa ho raccontato, sul sito Virginia Woolf Project, la vicenda intitolata “Voglio il divorzio!”, ambientata nella Torino del 1975. Quella storia è anche la mia: è la storia di mia madre, scritta a 4 mani, che trovò il coraggio di dire basta e di reclamare la propria libertà in un’epoca in cui farlo era ancora una scelta rivoluzionaria.
La storia di Roberta Tagliavini ci riporta invece quindici anni indietro, in un’Italia dove il divorzio ancora non esisteva e lasciare un marito non era solo uno scandalo sociale ma un vero salto nel vuoto. Due epoche diverse, eppure unite da un filo comune: la scelta di rompere un destino imposto e scomodo per costruire da sé la propria libertà.
La ricerca della libertà
La parte iniziale del libro appassiona subito perché ripercorre la storia di una giovane donna sposata negli anni Sessanta, quando il matrimonio era ancora considerato il destino più naturale — e spesso l’unico — per una ragazza. Tagliavini racconta con lucidità quel periodo segnato da un’unione infelice, e dell'abbandono forzato della figlia ancora piccola, in cui le aspettative sociali soffocavano i desideri personali e la ricerca di libertà sembrava quasi una ribellione.
Del resto, all’epoca non serviva avere sogni: bastava saper cucinare bene, sorridere con grazia, obbedire e non fare troppe domande. Il “principe azzurro” avrebbe pensato a tutto — anche a decidere chi eri e chi potevi diventare.
Da quella condizione nasce la sua rinascita. Quello che potrebbe sembrare un dettaglio biografico è invece la radice della sua visione dell’arte: un ambiente in cui, ieri soprattutto, e ancora oggi, le donne sono state spesso considerate mediatrici o muse più che protagoniste. Dopo aver cambiato numerosi tipi di lavoro e avendo poi avuto la fortuna di poter frequentare l'ambiente della musica milanese, Tagliavini, che da sempre ha avuto l'anima da imprenditrice, ha scelto di ribaltare questa dinamica, costruendo un nome e un’autorità (Robertaebasta) in un settore ancora dominato dagli uomini.
Negli ultimi anni il suo volto è diventato noto anche al grande pubblico grazie al programma Cash or Trash, dove la sua competenza e il suo sguardo attento sull’arte e sugli oggetti d’epoca hanno conquistato spettatori e spettatrici. Ma dietro quell’immagine televisiva c’è un lungo percorso fatto di passione, studio e determinazione.
L'intervista a Roberta
Quando le ho chiesto quale incontro abbia cambiato per sempre il suo modo di intendere il mercato dell’arte, ha risposto senza esitazione:
“L’incontro con Patrizia Gucci, perché è una persona colta e molto preparata che mi ha aperto un mondo di artisti internazionali che non conoscevo.”
Il processo di scrittura, racconta, è stato un viaggio interiore tutt’altro che semplice:
“Tutto quello che riguarda il mio essere intimo. Sicuramente parlare della difficoltà col mio primo marito non è stato facile.”
La mercante di Brera non è solo un libro sul mercato dell’arte. È anche una riflessione su come nasce e si trasforma il valore e su chi ha il potere di definirlo. Dietro le trattative e le scelte di collezionismo si muove una domanda profonda: quante opere di artiste straordinarie sono rimaste invisibili perché nessuno ha dato loro spazio?
Alla domanda se le donne siano ancora percepite come muse o mediatrici, Tagliavini oggi è convinta del contrario:
“Le donne oggi, sono protagoniste nel mercato dell’arte, perché hanno più gusto e sensibilità.”
Eppure, ammette che il cammino verso la parità è tutt’altro che concluso:
“Le barriere per le donne ci sono e ci saranno sempre, perché gli uomini hanno un’abilità innata di squalificarti con un solo sorrisino o ammiccamento.”
Una verità tanto amara quanto universale. In certi ambienti, il sorrisino è più efficace di un CV: basta quello per farti capire che il tuo posto è un passo indietro, possibilmente in silenzio. Ed è proprio lì che comincia la rivoluzione: quando quel sorriso smette di intimorire e comincia a far ridere — amaramente — anche te.
Infine, sul ruolo delle donne nella riscrittura del canone artistico:
“Assolutamente sì, le donne nella storia dell’arte sono state sempre sottovalutate e spesso al servizio di uomini che non avevano talento. Ora per fortuna la storia sta cambiando, ma è giusto ridare la luce e la gloria a chi immeritatamente non l’ha avuta.”
Il lavoro di Roberta Tagliavini è quello di una custode di memoria e di una “riscrittrice” del canone. Il suo percorso dimostra quanto sia importante il punto di vista di chi racconta e seleziona l’arte. Se a farlo sono anche — e soprattutto — le donne, cambia non solo il mercato, ma la storia stessa.
Un traguardo da costruire
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Manifesto prodotto dall'Unione donne in Italia in occasione del referendum sul divorzio (Fondo Lia Cavatorta) |
E a pensarci bene, molte rivoluzioni sono cominciate proprio così: con un “voglio il divorzio” urlato nel silenzio di una cucina, con una porta chiusa dietro le spalle, con un “NO” pronunciato a voce abbastanza alta da rompere la vetrina dell’ordine prestabilito.
Altro che sorrisini...
Quella di Roberta Tagliavini è la storia di una donna che ha avuto il coraggio di ribellarsi a un destino imposto, rifiutando il ruolo tradizionale di moglie e madre sottomessa e pagando anche un prezzo altissimo, come l’allontanamento dalla figlia – con la quale riuscirà poi a ricostruire il legame, nonostante l’opposizione della famiglia di lui. La sua vicenda attraversa oltre mezzo secolo di storia italiana: dal dopoguerra alla Milano creativa di via Gluck, dal boom economico al ’68, dagli anni di piombo alla crisi del ’92, passando per la tragedia dell’AIDS, Tangentopoli e l’intreccio con il mondo Gucci.
Pur definendosi “tradizionalista”, Tagliavini ha incarnato l’emancipazione: è stata tra le prime a chiedere il divorzio, condizione necessaria per ottenere un passaporto e lasciare l’Italia, e ha costruito da sola la propria indipendenza. Non si è mai accontentata: ha studiato per diventare antiquaria, ha fondato la sua attività con determinazione, superando anche la fine di un’importante collaborazione e lavorando senza sosta per acquistare uno spazio nel cuore di Brera.
Unica donna tra mercanti d’antiquariato, ha viaggiato in Francia alla ricerca di pezzi rari, ha affrontato pregiudizi e contrasti – persino con il marito – e non si è mai lasciata intimidire, neppure da figure come Gianni Versace. Con carattere e competenza ha conquistato un ruolo centrale anche nel mondo della moda, diventando un punto di riferimento per l’arredamento di lusso a livello internazionale.
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